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TORCH, un esame che previene la Toxoplasmosi e altre malattie in gravidanza


A cura della dott.ssa Maria Grazia Ierardi, ginecologa presso la Clinica Ostetrica e Ginecologica, Presidio Ospedaliero San Paolo, Polo Universitario, Milano


La sigla TORCH fu introdotta negli Stati Uniti, nel corso degli anni Settanta, per indicare un gruppo di agenti infettivi importanti in ostetricia e neonatologia.

TORCH è l’acronimo delle iniziali di Toxoplasma gondii (toxoplasmosi), Others, Rubella virus (rosolia), Citomegalovirus, Herpes Simplex Virus. La categoria “Others” include vari agenti infettivi, tra cui il virus dell’Epatite C, quello dell’Epatite B, il virus HIV (responsabile dell’AIDS) e il Treponema pallidum (che è all’origine della sifilide).


Contagio dalla madre

Le infezioni causate da tali microbi presentano caratteristiche comuni: il contagio del bambino avviene attraverso la madre durante la gravidanza, nel corso del parto o dopo il parto; l’infezione della futura mamma comporta un rischio variabile di trasmissione al feto, che non dipende dalla gravità dei sintomi materni e che è più elevato quando la madre contrae l’infezione per la prima volta, mentre è trascurabile o nullo nelle reinfezioni materne, cioè allorché la gestante incontra lo stesso microbo per la seconda o la terza volta; nel neonato queste patologie provocano pochi sintomi, spesso molto simili nelle varie infezioni, e talvolta sono possibili ricadute a distanza di tempo; la diagnosi, sia nella donna in attesa sia nel bambino, non può essere fatta soltanto sulla base dei sintomi e dei segni clinici, ma richiede l’esecuzione di esami di laboratorio.

Recettività e immunità

L’esame TORCH, proposto a tutte le future mamme nel corso della gestazione, ha l’obiettivo di individuare quali tra loro siano recettive e quali siano immuni rispetto alle varie infezioni.

Con la definizione di recettiva si intende una persona che non ha mai incontrato fino a quel momento un determinato microbo e che non ha anticorpi specifici in grado di difenderla da quell’agente infettivo. Un soggetto immune, invece, è un individuo che ha già incontrato in passato un certo germe e che ha sviluppato anticorpi specifici capaci di difenderlo da futuri incontri con lo stesso.

L’esame TORCH consiste in una serie di esami sierologici, capaci di trovare nel sangue di chi sta aspettando un bambino gli anticorpi specifici per i vari agenti infettivi, sia di classe IgM sia di classe IgG. Gli anticorpi IgM (Immunoglobuline M) sono prodotti per primi e molto precocemente quando si contrae un’infezione per la prima volta, persistono nel circolo sanguigno per diverse settimane o mesi e poi tendono a scomparire. Servono come prima arma di difesa contro un nuovo microbo e sono quindi un campanello d’allarme che segnala un’infezione recente e acuta. Gli anticorpi IgG (Immunoglobuline G) sono prodotti successivamente alle IgM e in grande quantità, nel corso di un’infezione acuta (servono tanti soldati per vincere la guerra!).

Il titolo, cioè il livello, delle IgG diminuisce a mano a mano che ci si allontana dall’evento acuto, fino a un valore molto basso (rilevabile quando l’infezione è ormai lontana nel tempo), ma che è comunque capace di difenderci, per tutta la vita, da futuri incontri con lo stesso germe. Per fare un esempio, una donna recettiva per la toxoplasmosi presenterà IgM negative e IgG negative, mentre un’altra, immune per la stessa infezione, presenterà IgM negative e IgG positive.

Quando sono gratuiti

In Italia, secondo il Decreto Ministeriale Bindi del 1998, sono previsti gratuitamente, entro la 13ma settimana di gravidanza, i seguenti esami del gruppo TORCH: rubeo test, toxo test, test HIV, TPHA-VDRL (per la diagnosi di sifilide). In caso di recettività, il rubeo test può essere ripetuto mensilmente fino alla 20ma settimana e il toxo test fino al parto. Se vengono eseguiti nel I trimestre, non si ritiene necessario ripetere i test HIV e VDRL-TPHA nel III trimestre, eccetto che in casi selezionati. Tra la 33ma e la 37ma settimana dell’attesa sono previsti HBsAg e HCV Ab per la diagnosi, rispettivamente, dell’Epatite B e dell’Epatite C. Non sono invece prescrivibili gratuitamente alle gestanti, secondo il Decreto, gli esami sierologici per il Citomegalovirus e l’Herpes Simplex Virus. In quest’ultimo caso sta alla discrezione del ginecologo curante valutare il pericolo che la paziente corre di contrarre queste infezioni ed eventualmente cercarle in soggetti a rischio, come mamme di bambini piccoli e maestre d’asilo nel caso del Citomegalovirus, e donne con lesioni genitali sospette nel caso dell’Herpes Simplex Virus.

Un’indagine precoce

Un utile consiglio per tutte le future mamme è quello di eseguire sempre nello stesso laboratorio gli accertamenti sierologici prescritti nei nove mesi, in modo da poter confrontare fra loro dei risultati ottenuti con il medesimo kit di analisi. Meglio ancora se la struttura è ospedaliera, poiché è di solito caratterizzata da seri controlli interni di qualità e da maggiore affidabilità dei risultati.

È anche estremamente importante che queste indagini vengano effettuate quanto prima possibile, allo scopo di poter consigliare alla gestante quali accorgimenti adottare nel corso della gravidanza per prevenire il contagio di infezioni verso le quali è recettiva.

Viceversa, sempre sulla base degli esiti degli esami, si potranno tralasciare alcune regole finalizzate ad evitare quelle infezioni che la futura mamma non rischia più di contrarre, poiché ne è già stata interessata in passato. Sarebbe molto utile eseguire tali esami già in epoca preconcezionale, al momento della pianificazione di una gestazione o in occasione di altri accertamenti in una donna giovane desiderosa, in un futuro prossimo, di prole, onde poter prendere già prima del concepimento alcune importanti precauzioni alimentari e igieniche o sottoporsi, se necessario, alla vaccinazione contro la rosolia e l’Epatite B.

Precauzioni alimentari

Ci soffermiamo ora sui comportamenti che la gestante deve seguire per prevenire efficacemente il contagio in relazione a ciascuna delle patologie comprese in questo insieme. Seguendo l’ordine della sigla TORCH, cominciamo dalla toxoplasmosi.

Si tratta di una malattia provocata dal Toxoplasma gondii, un parassita capace di sopravvivere a lungo nella terra umida, presente nelle feci dei gatti infetti e trasmissibile all’uomo per via alimentare. La prevenzione si basa quindi su regole alimentari e igieniche semplici ed efficaci: le donne in gravidanza che sono recettive, vale a dire vulnerabili al contagio per la mancanza di specifici anticorpi difensivi derivanti da una precedente malattia, devono seguirle scrupolosamente.

In primo luogo, non bisogna mangiare la carne cruda: occorre cuocerla bene, ed eventualmente affumicarla. E’ consentito consumare cruda soltanto la carne scongelata, in quanto il calore e il congelamento (a 20 gradi sottozero per 24 ore) distruggono il parassita. È d’obbligo altresì lavare accuratamente le mani e le superfici della cucina venute a contatto con carne cruda. Devono essere evitati anche tutti gli insaccati crudi, mentre sono ammessi prosciutto cotto e mortadella. Da bandire pure le uova crude, nonché il latte e i suoi derivati non pastorizzati. In secondo luogo, è necessario lavare accuratamente gli ortaggi e la frutta, utilizzando eventualmente amuchina o bicarbonato di sodio. Terza raccomandazione: quando si fa giardinaggio, è obbligatorio munirsi di guanti, e la stessa prescrizione vale quando si cambia la lettiera del gatto, nonché in caso di contatto con tutto ciò che può essere stato contaminato da feci di gatto. La lettiera va sterilizzata con acqua bollente per cinque minuti.

Le future mamme immuni, ossia tutte coloro che hanno già contratto la toxoplasmosi in passato e possiedono gli anticorpi capaci di difenderle contro questa malattia, possono, senza ansia e senza alcun rischio, mangiare tutti i tipi di insaccati. Devono però, al pari delle gestanti recettive, evitare la carne cruda, lavare bene ortaggi e verdura, stare lontane da uova crude e latticini non pastorizzati, allo scopo di rimanere al riparo da altre possibili infezioni, in primis la salmonellosi.

Per quanto riguarda la seconda lettera del TORCH, cioè gli “Others”, la prevenzione attuabile è volta alla riduzione del  rischio di trasmissione dell’infezione per via sessuale, in particolare di HCV (virus dell’Epatite C), HBV (virus dell’Epatite B) e HIV (virus dell’AIDS). È raccomandata l’astensione dai rapporti sessuali occasionali e da quelli con persone notoriamente infette, soprattutto senza l’utilizzo di protezioni. Esiste tuttavia una certa percentuale di casi in cui la modalità di contagio rimane ignota. Per l’epatite B esiste un vaccino obbligatorio nei neonati, ma che deve essere consigliato a diverse categorie di persone e può essere effettuato anche in gravidanza, in quanto è scevro da rischi infettivi.

Attenzione alla rosolia

E veniamo alla terza patologia infettiva del nostro gruppo, la rosolia. Data la copertura vaccinale raccomandata in età scolare per tutte le ragazze, oggi in Italia le donne in età fertile recettive sono molto poco numerose: meno del 5% della popolazione. Il vaccino, che è di tipo virus vivo attenuato, è in grado di garantire una copertura per circa 15 anni nel 96% dei soggetti vaccinati.

È tuttavia tipica una più debole risposta anticorpale nelle donne vaccinate rispetto a quelle che hanno contratto l’infezione nell’infanzia. Rimane indispensabile, per ogni donna che cerchi una gravidanza, conoscere con certezza il proprio stato sierologico per la rosolia, considerata la gravità degli esiti per il feto nel caso in cui la madre contragga l’infezione nel primo trimestre della gestazione.

Tutte coloro che terminano la gravidanza essendo ancora recettive per la rosolia devono assolutamente sottoporsi alla vaccinazione nel puerperio, anche nel corso dell’allattamento al seno, in modo da evitare i rischi nell’eventuale gestazione successiva. In caso di vaccinazione accidentale nei nove mesi, non è assolutamente documentato alcun rischio di trasmissione al feto, per cui non sono da discutere scelte dolorose e drastiche di interruzione della gravidanza.

Un utile consiglio per le donne che aspettano un bambino e sono recettive è quello di evitare il contatto con bambini infetti, dato che la trasmissione della malattia avviene per via aerea. Qualora la futura mamma sia una maestra d’asilo, è indicata l’astensione anticipata dal lavoro proprio nel primo trimestre dell’attesa, che resta sempre il periodo in cui il nascituro è più vulnerabile nei confronti del Rubeo virus.

Altri contagi da evitare

La penultima lettera del nostro acronimo ci parla del Citomegalovirus. Si tratta di un virus molto diffuso, che viene contratto per via aerea al pari di un comune raffreddore. Negli adolescenti è tuttavia frequente anche la trasmissione sessuale. Provoca un’infezione latente, al pari dell’Herpes labiale, e il suo principale serbatoio è rappresentato dai bambini piccoli, in genere fino ai 2 anni d’età: saliva, lacrime e urina possono infatti contenere il virus se il piccolo ha l’infezione. Diventa quindi facile il contagio nelle gestanti recettive che hanno bambini piccoli e nelle maestre d’asilo, per le quali può essere indicata l’astensione anticipata dal lavoro. L’unica regola igienica praticabile è un frequente e accurato lavaggio delle mani. Dopo essere andati in bagno e dopo avere cambiato un bambino è dunque buona norma, prima di toccare il cibo, lavarsi accuratamente le mani con acqua calda e sapone. E’ bene evitare, inoltre, di scambiare posate e stoviglie con bambini piccoli, ed occorre lavare bene le superfici e i materiali venuti a contatto con i fluidi corporei.

Concludiamo con l’Herpes Simplex Virus, un agente patogeno molto comune e diffuso di cui esistono due sottotipi: l’Herpes simplex 1 (noto come Herpes labiale) e l’Herpes simplex 2 (conosciuto come Herpes genitale). Sono molto simili tra loro, ma infettano aree differenti dell’organismo in seguito al contatto con lesioni orali o genitali infette. Quando si aspetta un figlio è chiaramente l’Herpes simplex2 a rappresentare un’eventuale fonte di rischio per il bambino. Se infatti la futura mamma presentasse verso la fine della gravidanza delle lesioni genitali attive contenenti il virus, potrebbe essere possibile il contagio del neonato durante il passaggio nel canale del parto. In questa ottica è importante comunicare al proprio ginecologo la presenza, in passato, di un’infezione genitale ricorrente da Herpes, ed è opportuno che lo specialista pratichi un accurato esame obiettivo della paziente allorquando si avvicina il termine della gestazione.

Valutazioni articolate

Da ultimo, un suggerimento generale a tutte le donne in dolce attesa in merito all’approccio da adottare di fronte ai risultati dell’esame TORCH. Nel caso in cui i risultati sierologici dell’indagine suggeriscano un’infezione recente è bene non disperare, bensì discuterne con il proprio ginecologo ed eventualmente rivolgersi a un Centro ospedaliero di II livello per la valutazione delle infezioni in gravidanza, allo scopo di accertare se il contagio della futura mamma sia reale, se sia avvenuto nei nove mesi, quali siano i rischi effettivi per il feto e quali strategie diagnostiche e terapeutiche siano attuabili. Occorre tenere costantemente presente che infezione non è sinonimo di malattia, e che la percentuale di bambini ammalati è quasi sempre molto bassa rispetto a quella dei bambini infettati.