Diagnosi prenatale non invasiva: dal sangue probabilità, non certezze

Le risposte dei nostri specialisti alle domande più frequenti delle aspiranti e future mamme. In collaborazione con il sito del noto periodico “bimbisani & belli”.


Risponde il Prof. Giovanni Porta, Professore Associato di Genetica Medica, Direttore del Centro di Medicina Genomica e della Scuola di Genetica Medica all’Università dell’Insubria di Varese.


Se avete quesiti su gravidanza e allattamento, scrivete all’indirizzo e-mail: redazione@asmonlus.it


Sono alla decima settimana di gravidanza e dovrò effettuare un test chiamato “Harmony Test”. Vorrei sapere qual è la differenza fra questo test ed il “G Test” di cui ho letto qualche informazione su un sito. 


Quelli a cui lei fa riferimento nella sua domanda sono due nomi commerciali di un test prenatale non invasivo, chiamato in sigla NIPT, ossia Non Invasive Prenatal Testing. Con tecniche leggermente differenti, i numerosi esami di questo tipo disponibili oggi sul mercato mirano ad analizzare il DNA fetale presente nel sangue della futura mamma. Il test NIPT è un test di screening, che individua le gravidanze in cui è presente un rischio che il nascituro sia affetto da una patologia cromosomica: trisomia 21, 13 e 18, anomalie dei cromosomi sessuali.

A differenza dell’amniocentesi, test diagnostico invasivo, il test sul sangue della gestante fornisce un risultato espresso come livello di rischio. Si tratta cioè di un esito che esprime un valore statistico, e non di tipo diagnostico in senso stretto. Rivela pertanto le probabilità (ed esclusivamente le probabilità) che il bambino sia colpito da una delle malattie sulle quali l’esame indaga, ma non dà alcuna certezza né che ne sia affetto né che sia sano.

Dunque, un risultato a basso rischio non esclude al 100% un’anomalia cromosomica fetale, mentre un risultato ad alto rischio deve essere sempre confermato con l’amniocentesi. Sarebbe comunque opportuno rivolgersi a un medico genetista in occasione dell’esecuzione di qualsiasi test genetico: prima dell’esame per chiarirne le indicazioni e le implicazioni, e dopo il test per interpretarne e discuterne i risultati. Lei potrà eseguire una consulenza genetica in qualsiasi presidio ospedaliero dotato di tale servizio, facendosi rilasciare l’impegnativa dal medico di base.

Perdite di sangue iniziali, non allarme ma riposo e progesterone per guarirne

Dott.ssa Elisa Valmori

Le risposte dei nostri specialisti alle domande più frequenti delle aspiranti e future mamme. In collaborazione con il sito del noto periodico “bimbisani & belli”.


Risponde la Dott.ssa Elisa Valmori, ginecologa, consulente per il Filo Rosso ASM di Milano presso il Presidio Ospedaliero San Paolo, Polo Universitario.


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Sono alla decima settimana di gravidanza e ho avuto delle piccole perdite di sangue. Il mio ginecologo mi ha spiegato che il problema è causato dall’inserzione bassa della placenta, che provoca uno strappo e determina il sanguinamento. Mi ha prescritto degli ovuli di progesterone per una settimana e mi ha imposto di stare tranquilla. Significa che devo stare ferma a letto, oppure che posso vivere una vita normale, ma senza sottopormi a sforzi? Il problema si risolverà da solo?


 All’inizio della gravidanza si registra piuttosto spesso la perdita di piccole quantità di sangue e il riscontro all’ecografia di un distacco chorion-deciduale, ossia tra la placenta e il tessuto che riveste l’interno dell’utero.
L’assunzione del progesterone in ovuli è senz’altro efficace, in quanto questo ormone, deputato al mantenimento in essere della gestazione, aiuta l’utero a rimanere rilassato, in modo da facilitare la completa formazione della placenta e il riassorbimento del distacco.
Non è indispensabile rimanere a letto, ma è certamente utile, almeno nei primi tempi, limitare al massimo gli sforzi fisici, anche lievi (come per esempio i mestieri domestici).
Cerchi di alternare momenti in cui è sdraiata ad altri in cui rimane seduta o semi-seduta: per capirci, alterni divano, letto e poltrona. Se le perdite ematiche cessano, si potrà gradualmente riprendere la vita di prima. Un modo per verificare che tutto va bene, oltre all’assenza delle perdite di sangue, è osservare se avverte dolori pelvici o lombari simili a quelli che si manifestano durante il ciclo mestruale.
In assenza di dolori pelvici, soprattutto alla sera, può concludere di non avere esagerato con l’attività fisica quotidiana. Viceversa, sarà importante mantenere il riposo come sopra le ho suggerito. Vedrà che il problema si risolverà molto presto, e anche la placenta bassa resterà solo un ricordo.
A dieci settimane di gravidanza è bassa praticamente per definizione: l’utero deve ancora distendersi in tutto il suo splendore. A mio avviso la definizione di placenta bassa riveste maggiore significato a partire dall’ecografia morfologica che si effettua attorno alla ventesima settimana di gestazione.

Certezza sul sesso del bambino dal test del DNA del nascituro

Le risposte dei nostri specialisti alle domande più frequenti delle aspiranti e future mamme. In collaborazione con il sito del noto periodico “bimbisani & belli”.


Risponde il  Prof. Giovanni Porta, Professore Associato di Genetica Medica, Direttore del Centro di Medicina Genomica e della Scuola di Genetica Medica all’Università dell’Insubria di Varese.


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Ho un dubbio: il test del DNA fetale nel sangue della madre dà una risposta certa per quanto riguarda il sesso? Sono incinta del mio terzo bambino, e i primi due sono maschi: è possibile che, facendo l’esame, venga individuata la “y” degli altri due bambini maschi di cui ero incinta prima di questo? Quanto rimane nel sangue materno il DNA del feto? Mi hanno detto che quello che aspetto attualmente è un maschio, ma il medico che mi ha fatto l’ecografia non ne è del tutto sicuro. Eppure il test del DNA ha detto che di maschio si tratta. Chiedo il suo aiuto.


Le gravidanze precedenti non possono influenzare il risultato del test del DNA fetale sul sangue materno che ha effettuato per l’attuale gestazione. Per quanto riguarda la determinazione del sesso del nascituro, l’accuratezza del test può superare il 99 per cento.

Probabilmente l’ecografia non è riuscita a visualizzare con chiarezza il sesso ed è quindi verosimile che la cosa migliore da fare sia quella di ripeterla tra un paio di settimane (ma anche addirittura più in là), o comunque quando il ginecologo presume che si possa individuare meglio il sesso di suo figlio.

Sì al vaccino antinfluenzale anche durante l’allattamento

Dott.ssa Elisa Valmori

Le risposte dei nostri specialisti alle domande più frequenti delle aspiranti e future mamme. In collaborazione con il sito del noto periodico “bimbisani & belli”.


Risponde la Dott.ssa Elisa Valmori, ginecologa, consulente per il Filo Rosso ASM di Milano presso il Presidio Ospedaliero San Paolo, Polo Universitario.


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Durante la scorsa gravidanza, quando ero al quarto mese, ho fatto la vaccinazione antinfluenzale. Ora il mio bambino ha cinque mesi e lo sto allattando: vorrei sapere se sia consigliabile che io mi sottoponga al vaccino anche quest’anno.


Ogni anno il vaccino antinfluenzale cambia, poiché è preparato in vista del nuovo virus che di volta in volta è responsabile dell’influenza nella stagione invernale. Perciò il vaccino che viene proposto per la stagione 2020/2021 non è identico a quello dello scorso anno.
L’allattamento è compatibile con la vaccinazione antinfluenzale, anche se in questo caso non è più gratuita, a meno che lei non sia un soggetto a rischio di complicanze respiratorie, condizione che dovrà essere accertata dal suo medico curante.
Viceversa, durante la gravidanza il vaccino è raccomandato, e offerto quindi gratuitamente, nel secondo e nel terzo trimestre dell’attesa, in quanto le future mamme sono più soggette a complicanze respiratorie qualora contraggano l’influenza.
Se deciderà di sottoporsi al vaccino, la buona notizia è che comunque, risulterà indirettamente protetto anche il suo bambino, visto che lei è certamente ancora la persona che si prende prevalentemente cura di lui.
In ogni caso, il modo migliore che lei ha a disposizione per difendere il suo bimbo dall’influenza (e non solo!) è di continuare ad allattarlo.
Vedrà che, proseguendo con l’allattamento nei prossimi mesi (certamente iniziando lo svezzamento dal sesto mese di vita, ma continuando a proporre il seno), questa pratica sarà sempre di più una “coccola” per entrambi, un momento di relax che aiuta a mantenersi in buona salute. 

Intolleranze e allergie alimentari, non sempre le cause sono genetiche

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Ho eseguito un test genetico per intolleranza al lattosio ne è risultato un genotipo cc 130910. Vorrei sapere se la mia intolleranza è frutto di una malattia genetica. La ringrazio


Le allergie e le intolleranze alimentari sono reazioni patologiche scatenate, con meccanismi differenti, dall’ingestione di alimenti, e sono un esempio di risposta variabile agli agenti ambientali, che può essere spiegata dall’intervento di fattori genetici di suscettibilità.

Il fatto che si verifichino solo in una minoranza delle persone esposte allo specifico alimento è legato a una predisposizione che può essere acquisita dopo la nascita, o in seguito a fattori ambientali (fumo, alcol, infezioni, malattie infiammatorie intestinali), oppure a causa di una predisposizione genetica.

Le allergie e le intolleranze alimentari si manifestano quindi in individui predisposti, ma la predisposizione non è sempre genetica. Nel suo caso, l’assetto genetico rilevato dal test è responsabile di intolleranza al lattosio, cioè dell’incapacità di digerire il lattosio, per la scomparsa dell’enzima intestinale lattasi nell’adulto. Si tratta quindi di un’intolleranza alimentare su base genetica.

Acido folico, qual è il dosaggio giusto?

Dott.ssa Elisa Valmori

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Mi interessa un chiarimento a proposito del dosaggio dell’acido folico che dovrò assumere a breve, visto che con mio marito intendiamo cercare una gravidanza. Ho visto che c’è un prodotto da 5 milligrammi, è la quantità giusta? Oppure devo preferire altri preparati in commercio?


 In fase preconcezionale e per tutto il primo trimestre di gravidanza è consigliata una supplementazione di acido folico pari a 400 microgrammi al giorno: si tratta perciò di una dose inferiore di circa dieci volte a quella da lei indicatami.
Questa assunzione di acido folico serve a prevenire alcuni difetti congeniti del nascituro, in particolare quelli legati alla colonna vertebrale, come la spina bifida.
E’ molto importante precisare che occorre cominciare a prendere l’acido folico fin da quando si ha intenzione di cercare una gravidanza, e non soltanto a gestazione già iniziata.
Non si deve quindi attendere il test di gravidanza positivo, poiché il processo di formazione della colonna vertebrale si abbozza già alla quinta settimana, quando non sempre la mamma ha già scoperto di essere in “dolce attesa.” Anche se non ci sono rischi determinati da un’assunzione in quantità eccessive, a mio avviso è corretto che il dosaggio di acido folico sia di 400 microgrammi al giorno.
I relativi prodotti sono disponibili in fascia A, ossia possono essere prescritti su ricetta del Servizio Sanitario Nazionale dal medico curante.
Deve essere il ginecologo curante a prescrivere un dosaggio diverso, qualora l’aspirante mamma si trovi in situazioni particolari: per esempio se è affetta da mutazione della MTHFR, ossia Metilen-tetra-idro-folato-reduttasi, l’enzima essenziale per convertire il folato (vitamina B9) nella forma attiva e utilizzabile dal corpo, chiamata metilfolato.
Un altro motivo che consiglia un dosaggio di acido folico superiore alla norma è la presenza di difetti del tubo neurale in precedenti gestazioni, così come la circostanza che la donna sia in terapia con farmaci antiepilettici o con antagonisti dell’acido folico.

Dal parrucchiere senza problemi nei nove mesi

Dott.ssa Elisa Valmori

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 Sono alla sesta settimana di gravidanza e mi sono dovuta recare dal parrucchiere per rimettermi in ordine. Anziché le abituali mèches, ho chiesto di fare un riflessante veloce. Ora però mi è venuto il timore che i prodotti usati possano nuocere alla salute del mio bambino: mi può dare delle indicazioni?


La rassicuro, cara futura mamma, non c’è da preoccuparsi: durante la gravidanza si possono fare le tinte, le mèches, e persino la permanente senza far correre alcun rischio al nascituro.
I prodotti contenenti sostanze dannose, come l’anilina, sono vietati ormai da diversi decenni, motivo per cui le gestanti possono stare tranquille e curare la bellezza dei loro capelli anche mentre aspettano un bambino.
Tra l’altro la natura, in questo particolare periodo, rende i capelli molto folti e particolarmente belli, per cui non occorre dedicare troppe attenzioni all’acconciatura! 

Dolore alla schiena, quali i farmaci sicuri per le gestanti?

Dott.ssa Elisa Valmori

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A causa di un improvviso ed intenso dolore alla schiena mi è stato prescritto dal medico di assumere per due giorni ibuprofene o ketoprofene. Poiché c’è la possibilità di una gravidanza, vorrei sapere se questi farmaci sono consentiti quando si aspetta un bambino e se ci siano alternative  


Anche se ci fosse una gravidanza iniziale, l’assunzione, che deve essere sempre a stomaco pieno, di ibuprofene o ketoprofene per soli due giorni non comporterebbe rischi per il suo bimbo. Si è infatti visto che questi antinfiammatori non causano effetti collaterali se assunti nel primo trimestre di gestazione.
Viceversa, devono essere evitati tassativamente nel secondo e terzo trimestre dell’attesa, per evitare complicanze a livello del rene del nascituro, con conseguente ridotta produzione di liquido amniotico e alterazioni a carico dell’apparato cardiovascolare del feto.
La prescrizione del suo medico può quindi essere tranquillamente seguita anche se lei risultasse poi in “dolce attesa”, quando l’antidolorifico di scelta diventerà il paracetamolo.

Sindrome di Down, età e familiarità

 

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Gentile Professore, è vero che la frequenza della sindrome di Down non è correlata soltanto all’età materna avanzata, ma che la malattia può essere presente anche in bambini partoriti da donne giovani? E anche il padre potrebbe avere un ruolo in questa condizione?


La sindrome di Down è caratterizzata, nel 97% dei casi, dalla presenza di un cromosoma 21 completo (o di una sua parte) in più: si parla in questi casi di trisomia 21 libera. Nel restante 3% dei casi una porzione di cromosoma 21 si integra in un altro cromosoma: questo fenomeno è chiamato traslocazione. La trisomia 21 libera è provocata da un errore casuale, che può verificarsi durante lo sviluppo della cellula uovo della madre o dello spermatozoo, qualunque sia l’età dei genitori: occorre però precisare che, per quanto riguarda la cellula uovo, tale errore casuale risulta più frequente a mano a mano che l’età della donna è più elevata.

Per i genitori e i familiari di un bambino con trisomia 21 libera, quindi, il rischio di ricorrenza, ossia di ripetizione della patologia in gravidanze successive, non s’incrementa in modo significativo rispetto a quello della popolazione generale.

Nel caso della sindrome di Down da traslocazione, invece, il rischio di ricorrenza sale considerevolmente se uno dei genitori è portatore della traslocazione in forma bilanciata, ovvero senza perdita o aggiunta di materiale genetico nel suo DNA.

Questa condizione non è collegata all’età. Anche i fratelli e le sorelle di un bambino con sindrome di Down da traslocazione possono essere portatori della traslocazione bilanciata, ed essere quindi soggetti ad un rischio aumentato per le loro gravidanze. Per conoscerne la situazione, occorre eseguire l’esame dei cromosomi (cariotipo), tramite un semplice prelievo del sangue.

Contrazioni uterine, come distinguerle

Dott.ssa Elisa Valmori

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Sono alla 33ma settimana di gravidanza, e talvolta avverto una stretta sotto la pancia. Provo anche dolori nei fianchi e al ventre, come se mi prendessero delle fitte. Si tratta dell’utero che si prepara al parto, oppure devo preoccuparmi?


Le confermo che a 33 settimane di gravidanza è possibile che si manifestino delle contrazioni uterine preparatorie al parto. L’importante è capire che cosa siano le contrazioni uterine e quale sia la loro frequenza normale alla sua epoca gestazionale.

Direi che la contrazione uterina è simile ad una specie di crampo muscolare: e in effetti l’utero è un organo “muscoloso”. La durata del fenomeno è di circa un minuto, ma può anche essere soltanto di 40-45 secondi. Il suo andamento è a parabola, ossia inizia, cresce di intensità, raggiunge un culmine e poi diminuisce, fino a scomparire completamente.
Le fitte addominali si distinguono dalle contrazioni uterine perché hanno di solito una durata molto più breve e possono essere anche molto dolorose, mentre di solito la contrazione uterina preparatoria è più fastidiosa che dolorosa.
Ma occorre prestare attenzione ad un altro segnale che distingue la contrazione uterina: la superficie della pancia e diventa dura, come se fosse di marmo. Ci si rende conto di questa situazione appoggiando una mano sopra la questa parte del corpo che di solito, durante i mesi della “dolce attesa”, è piena ma morbida.
Nello stesso modo si può distinguere la contrazione uterina anche dagli indurimenti localizzati, provocati perlopiù dai movimenti del bambino che punta un piede, un ginocchio, o un gomito.
In questo caso la pancia sarà deformata e dura in corrispondenza delle piccole parti del nascituro in movimento: è raro che, a seguito di intensi movimenti fetali, l’utero si contragga di riflesso.
In presenza di contrazioni uterine dolorose o troppo frequenti (anche se non regolari, ossia avvertibili ogni 5 minuti, come si osserva durante il travaglio del parto), è più difficile percepire i movimenti del bambino, e si possono sentire dei fastidi simili al dolore del ciclo mestruale o al mal di reni.
Se lei notasse che queste contrazioni uterine sono dolorose o si manifestano troppo spesso, sarebbe consigliabile un approfondimento con il suo ginecologo: potrebbero essere causate da un’attività fisica eccessiva (a volte ci si fa prendere la mano in gravidanza perché ci si sente forti e piene di energia!), oppure da un inizio di infezione a livello urinario e/o genitale.
Di solito, in quest’ultima ipotesi, basta eseguire un tampone vaginale o una urinocoltura per escludere patologie in tali sedi.