Mamma e bambino, protezione solare

Mamme e bambini, occhio al sole!



A cura della Dott.ssa Floria Bertolini, dermatologa, consulente di ASM


I nevi melanocitici, i cosiddetti nei, sono neoformazioni benigne di colorito marrone, più o meno scuro, che a volte sono rilevate rispetto ai piani cutanei circostanti. In genere sono presenti sulla pelle, ma possono trovarsi anche sulle mucose e nell’occhio.

Melanoma da prevenire


I nei sono in prevalenza acquisiti: soltanto l’1-2% dei neonati può avere un nevo melanocitico congenito, ossia già dalla nascita, oppure insorto nelle prime settimane o nei primi mesi di vita. I nei acquisiti, invece, compaiono in seguito. 

È ormai un dato scientifico accertato che le esposizioni al sole senza gradualità e le ustioni che ne derivano, soprattutto se avvenute in età infantile e nel corso dell’adolescenza, determinino una maggiore melanogenesi, cioè un numero superiore di nei nell’età adulta. 
L’ustione solare è dannosa anche se solo di primo grado, con un arrossamento intenso della cute e senza vesciche. Avere molti nei non incide soltanto sull’aspetto estetico, ma incrementa il rischio di ammalarsi di melanoma: infatti questo tumore maligno della pelle compare, nella maggior parte dei casi, su un neo preesistente.
In realtà questo “nevo”, secondo studi recenti, è già un piccolo melanoma con atipie scarse per essere già individuato. E nella maggior parte dei casi è insorto a seguito di scottature solari riportate nei primi anni di vita.

Il melanoma è una neoformazione con vari gradi di malignità in base allo sviluppo che ha raggiunto al momento della diagnosi. Le campagne di prevenzione secondaria hanno l’obiettivo di identificarlo precocemente, possibilmente quando si può ottenere la sopravvivenza con la sola asportazione chirurgica, metodica che serve anche alla diagnosi. Per questo è consigliata una visita dermatologica di controllo a tutti i soggetti con nei melanocitici multipli e/o con familiarità per melanoma, non perché il neo sia una formazione maligna, ma per identificare tempestivamente il melanoma, che somiglia molto ai nei. 

In base ai dati statistici, le persone che hanno avuto un familiare con melanoma sembrano avere maggiori probabilità di sviluppare la stessa patologia nel corso della vita, soprattutto in presenza di altri fattori di rischio. Questa familiarità non stupisce, se pensiamo che in un individuo il fototipo (colore di capelli, pelle ed occhi) è un tratto ereditario.

Una regola semplice


Nelle campagne di informazione per la prevenzione del melanoma si consiglia, come detto, di effettuare visite dermatologiche per il controllo dei nei. Tra gli elementi che devono indurre a recarsi dal dermatologo, oltre a quelli citati in precedenza, figura anche l’esito dell’autoesame periodico che ogni soggetto portatore di nei deve imparare ad effettuare. 

La visita dermatologica è indicata qualora si sia notata la comparsa di nuove neoformazioni, o quando le neoformazioni preesistenti siano cambiate. Per ricordare più facilmente i parametri più importanti da osservare si applica una regola facile da memorizzare, detta dell’ABCDE. Sono l’Asimmetria, l’irregolarità dei Bordi, i cambiamenti del Colore, le Dimensioni superiori a 1 centimetro o l’Evoluzione, cioè un cambiamento rapido di uno o più dei quattro parametri appena menzionati.

I controlli in gravidanza


 Durante la gravidanza la futura mamma assiste spesso a dei cambiamenti nell’àmbito dei nei, che sono, nella maggior parte dei casi, privi di significato patologico. In genere i nei diventano più scuri o si ingrandiscono un po’. 

Queste variazioni possono allarmare la gestante, alla quale è quindi consigliata una visita dermatologica per escludere l’evento eccezionale, cioè un’evoluzione dei nei dall’aspetto mutato in una forma atipica o in un melanoma, oppure per valutare se quel cambiamento vada monitorato. 

Nel caso di una donna in attesa di un bambino che sia già affetta da melanoma maligno, la neoplasia tenderà ad ispessirsi, fatto che normalmente ha un significato di aggravamento della malattia. Nonostante questo elemento clinico, i dati disponibili riguardo alla percentuale di sopravvivenza nei successivi cinque anni non evidenziano alcuna variazione di prognosi qualora l’ispessimento sia avvenuto durante il periodo di gravidanza.

Esposizione ben protetta


La prevenzione secondaria si effettua quando sono presenti i nei, ma l’obiettivo da raggiungere è possibilmente quello di averne pochi. Questo scopo è l’oggetto della prevenzione primaria, sulla quale è doveroso attirare efficacemente l’attenzione dell’opinione pubblica, in particolare per proteggere i bambini. 

Parliamo di una giusta fotoesposizione, vale a dire di uno stile di vita corretto nel rapporto con il sole: in primo luogo evitando ustioni solari, quindi esponendosi gradatamente e al di fuori delle ore centrali della giornata, in cui si ha una maggiore concentrazione di radiazioni UVB, che sono fortemente eritematogene e cancerogene. 

In seconda battuta è necessario imparare ad usare correttamente le creme solari, tenendo bene a mente che vanno riapplicate ogni due ore circa poiché, salvo quelle con soli filtri fisici – che sono polveri che rifrangono le radiazioni del sole – le sostanze che costituiscono i filtri chimici non sono completamente stabili e si modificano per effetto dell’energia prodotta dalla luce stessa. Inoltre, la crema solare non deve essere usata come alibi per aumentare le ore di esposizione al sole. 

Terza raccomandazione: non dimenticare che gli indumenti (cappelli, vestiti, occhiali) sono importantissimi nella fotoprotezione, e ricordare che i vestiti chiari proteggono meno rispetto a quelli scuri, che i tessuti più pesanti proteggono di più, che lo stesso indumento protegge meno quando è bagnato, che i diversi materiali dei tessuti hanno differenti capacità protettive.


Future mamme, bevete più acqua, soprattutto in estate



A cura della dott.ssa Roberta Clauser, ginecologa


L’acqua è il maggiore componente del corpo umano ed è vitale per il funzionamento dei nostri organi e per la regolazione della temperatura corporea. La percentuale di acqua contenuta nell’organismo è solitamente minore nelle donne che negli uomini e varia con l’età: nei neonati è del 75% circa, mentre durante la Terza Età ammonta più o meno al 50%. In generale, la maggior parte dell’acqua (circa i 2/3) si trova nelle cellule, mentre la quota restante costituisce il plasma, ossia la parte fluida del sangue, e l’interstizio, cioè lo spazio tra le cellule dei tessuti.

Il sangue aumenta di volume


La gravidanza comporta molti cambiamenti fisiologici nel corpo della donna. In particolare, si verifica una ritenzione di sodio e acqua che porta ad un accrescimento del volume plasmatico.

Queste modificazioni iniziano già nel primo periodo della gestazione, raggiungono un picco nel secondo trimestre e poi restano costanti fino al parto, facendo sì che il volume di sangue in una futura mamma a termine sia dal 30 al 50% in più rispetto a una donna che non aspetta un figlio.

L’aumento del volume di liquidi nell’organismo materno è accompagnato dall’accumulo di 900-1.000 milliequivalenti di sodio e di 6-8 litri di acqua, distribuiti tra il feto, il liquido amniotico, gli spazi intra ed extracellulari.

Un liquido protettivo


Sicuramente nei nove mesi è fondamentale la presenza del liquido amniotico, che nelle prime settimane viene prodotto prevalentemente per filtrazione attraverso la placenta e la membrana amniocoriale.

Successivamente, a partire dalla 14-16ma settimana, la diuresi fetale inizia ad essere significativa, e quindi da quest’epoca il liquido amniotico è costituito essenzialmente dall’urina del nascituro. 

Questo particolare fluido ha una funzione meccanica: attenua suoni e rumori esterni, che arrivano così al feto più ovattati, mantiene stabile la temperatura, attutisce eventuali traumi. Da un punto di vista metabolico, è utile per lo sviluppo dell’apparato digerente e di quello respiratorio.

Un’adeguata produzione di liquido amniotico è garantita anche da una corretta idratazione materna e quindi fetale. 

Quando ci vuole più acqua


In generale è impossibile dare un’esatta raccomandazione sul quantitativo di acqua che occorre bere in una giornata, perché la richiesta di liquidi presenta un’ampia variabilità da persona a persona e cambia a seconda del clima e delle attività svolte.

La “European Food Safety Autority” (EFSA) raccomanda un introito giornaliero di acqua di circa 2 litri per le donne e 2,5 litri per gli uomini.
L’EFSA fornisce indicazioni simili anche alla donna in gravidanza, aumentando però l’apporto di 0,3 litri al giorno oltre i 2 raccomandati.

Anche durante l’allattamento è necessaria una particolare attenzione all’idratazione della neomamma: in questo delicato momento, infatti, l’organismo femminile deve recuperare le perdite dovute al parto, e soddisfare le accresciute richieste causate dal nutrimento al seno.

Le signore che allattano dovrebbero regolare il loro introito giornaliero di acqua in base alla quantità di latte prodotta: una produzione giornaliera di 750 millilitri di latte comporta un incremento della richiesta di fluidi di 600-700 ml. al giorno. 

Disidratazione, rischio estivo


Il tutto si complica però con l’arrivo dell’estate e con l’innalzamento delle temperature: uno dei problemi più frequenti che la popolazione deve affrontare è infatti quello della disidratazione. Le categorie più interessate da questo rischio sono le donne in gravidanza, i bambini e gli anziani. 

Le alte temperature fanno crescere il fabbisogno di acqua e di sali minerali in conseguenza dell’aumentata eliminazione di liquidi ed elettroliti tramite il sudore. Inoltre molte donne, soprattutto nel primo trimestre dell’attesa, soffrono di problemi quali nausea e vomito, che accentuano la perdita di liquidi ed elettroliti e al tempo stesso ne riducono l’introito. 

Un insufficiente apporto di liquidi determina nella futura mamma una più elevata incidenza di infezioni delle vie urinarie e di ipotensione ortostatica, vale a dire di cali nella pressione arteriosa. 

Per quanto riguarda il nascituro, invece, durante i mesi estivi è più frequente il riscontro di oligoidramnios (riduzione del liquido amniotico al di sotto del limite inferiore di normalità), soprattutto nelle gravidanze presso od oltre il termine: in questo momento della gestazione, infatti, già fisiologicamente si assiste ad una diminuzione del liquido amniotico, che può essere peggiorata da un’eventuale disidratazione. 

La perdita eccessiva di elettroliti, invece, provoca più frequentemente crampi muscolari e nei casi più gravi, ma assolutamente molto più rari, disturbi del ritmo cardiaco. È quindi buona norma che le donne in gravidanza abbiano un corretto apporto giornaliero di liquidi che, durante l’estate, può raggiungere i tre litri. 

Nel caso di comparsa di crampi o alterazioni elettrolitiche è opportuno che il medico curante consigli un integratore di sali minerali. Ovviamente, tutto ciò va accompagnato ad un corretto comportamento: evitare di uscire nelle ore più calde della giornata, vestire in modo adeguato, rinfrescare l’ambiente domestico, astenersi dall’uso di alcolici, mangiare preferibilmente cibi leggeri e con alto contenuto di acqua, come frutta e verdura.

A volte si presta poca attenzione a quanta acqua si beve in una giornata, e spesso infatti l’introito è di gran lunga inferiore a quello raccomandato. È invece fondamentale introdurre una quantità idonea di liquidi in qualsiasi momento della vita, e in particolare durante la gestazione quando, come abbiamo visto, il fabbisogno s’incrementa e un’adeguata idratazione è fondamentale sia per la salute della mamma sia per quella del suo bambino.


Bicchiere con acqua e ghiaccio