VILLOCENTESI, L’esame prenatale messo a punto dai ricercatori che ASM Onlus ha sostenuto nei primi anni ’80

L’esame consiste nel prelievo di alcuni frammenti dei villi coriali, ossia il tessuto da cui si formerà la placenta, che vengono inviati a un laboratorio specializzato per essere analizzati.

La procedura avviene in ambiente ospedaliero sotto controllo ecografico e prevede l’inserimento di un ago attraverso la parete addominale o, più raramente, per via vaginale (ad esempio in caso di utero retroverso).

Questo esame rappresenta un’alternativa all’amniocentesi, con il vantaggio che può essere effettuata molto prima, permettendo quindi una diagnosi più precoce.

Ad oggi, la villocentesi viene generalmente eseguita solo dopo che i test di screening (come la translucenza nucale, il Bitest o il test del DNA fetale) hanno segnalato un aumentato rischio di anomalie fetali.

 

In quali casi è necessario effettuare la Villocentesi?

Secondo le attuali indicazioni dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), la villocentesi può essere effettuata tra la 10e la 13a settimana di gravidanza.

L’esame è consigliato quando esiste un’aumentata probabilità di difetti congeniti del feto e, in particolare, se:

 

  • test di screening, come il Bitest o il test del DNA fetale, hanno mostrato un elevato rischio di alterazioni cromosomiche(come ad esempio la sindrome di Down);
  • l’ecografia del primo trimestre ha riscontrato la possibile presenza di malformazioni;
  • la futura mamma ha già un figlio affetto da un’anomalia cromosomica;
  • uno o entrambi i genitori sono portatori di alterazioni cromosomichemalattie genetiche (come ad esempio talassemia o emofilia).

 

Secondo le linee guida dell’ISS, inoltre, la villocentesi dovrebbe essere proposta anche “alle donne con una età superiore ai 35 anni che non hanno eseguito i test di screening prenatale previsti nel primo trimestre di gravidanza”. Questo perché la probabilità di avere un bambino affetto da anomalie cromosomiche tende ad aumentare con l’età materna.

 

Villocentesi e il rischio di complicazioni

È bene ricordare che tra le controindicazioni della Villocentesi, essendo una tecnica diagnostica invasiva, può presentarsi il rischio di aborto. Sebbene il fattore di rischio sia bassissimo, esso è pur sempre presente e si attesta in percentuale attorno allo 0,5% – 1% circa.

Il rischio di aborto è strettamente collegato all’esperienza dell’operatore che effettua il prelievo dei villi coriali. È quindi importantissimo per la gestante scegliere con cura il medico che eseguirà questo delicato esame e rivolgersi a Centri Ospedalieri in cui vi sono operatori esperti che effettuano un considerevole numero di esami ogni anno.

 

Quali sono le patologie che possono essere identificate attraverso la Villocentesi?

  • Quasi tutte le anomalie cromosomiche, come la trisomia 21(sindrome di Down), la trisomia 13 (sindrome di Patau), la trisomia 18 (sindrome di Edwards) e le alterazioni dei cromosomi sessuali (come ad esempio la sindrome di Turner).
  • Numerose malattie genetiche, come la talassemia, l’emofilia o la fibrosi cistica. La ricerca di queste patologie, tuttavia, non viene effettuata automaticamente, ma solo su richiesta del ginecologo in presenza di specifici fattori di rischio.

 

Questo è l’articolo che è uscito sulla nostra rivista e in testate giornalistiche nazionali nel lontano 1983